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[dropcaps]A[/dropcaps]pple in questi anni è diventato il brand per eccellenza assumendo la dimensione di vero e proprio lovemarks per moltissime persone, fedeli e fedelissimi, ma anche scettici (come il sottoscritto) che si sono convertiti ai dispositivi della mela mozzicata. Steve Jobs ha tracciato la via di un prodotto unico, ma soprattutto di una comunicazione organica strutturata a più livelli. La strategia marketing di Apple parte in primis dal punto vendita, vero asso nella manica del successo della casa di Cupertino.
E’ nel retail infatti che Apple fa i maggiori incassi, i numeri parlano chiaro, nel corso degli ultimi cinque anni l’azienda ha creato 35.852 posti di lavoro. A testimoniare questo incredibile dato è John Biggs di Techcrunch, che evidenzia come nonostante la crisi economica e l’elevato costo dei prodotti, l’azienda non ha subito colpi d’arresto, anzi, continua ad assumere personale ed aprire store in giro per il mondo.
In questi anni i negozi Apple sono spuntati come funghi anche in Italia, diventando veri e propri templi per celebrare il potere immaginario del brand, pensati e costruiti per far provare al cliente un’esperienza personalizzata. Centri nevralgici di potenza pubblicitaria geolocalizzata dove design e ambiente (targati Apple) conferiscono nuove e potenti “capacità di engagement” psicologico (ed economico) diretto. Una proprietà di conversione che dipende in gran parte dalle persone, i dipendenti dello store diventano infatti i primi evangelist del marchio. La conversazione che si instaura tra gli I-dipendenti (consulenti) e i clienti (Fan o potenzialmente tali), è il primo grande segreto di casa Apple. Le persone che lavorano nel punto vendita sono i primi utenti della casa, esperti e appassionati accuratamente selezionati per doti tecniche ma soprattutto per la loro passione (fanatismo) verso prodotti e casa madre. Una simbiosi culturale tra persone e brand quasi totale, dove i dipendenti diventando vere e proprie estensioni del brand stesso favorendo il successo diretto in termini di passaparola ma soprattutto di vendite. Steve Jobs disse una volta che Apple non doveva andare alle fiere di settore per fare networking, le conversazioni si svolgevano già nei punti vendita ad un livello assai più redditizio e naturale, “dal basso”.
Ci sono voluti anni per creare questo brand, per moltiplicare le vendite tutt’ora in attivo online e offline, per dare potere e valore ad un marchio diventato passione, religione e stile di vita per milioni di persone. Una strada difficile oggi per “le altre” aziende di device tecnologici. Forse brand differenti, digitali o meno potranno, studiando Apple, rielaborare il proprio cammino verso il successo, seguendo nuovi schemi e connessioni tra prodotto e comunicazione, aprendo universi di possibilità nel panorama commerciale e tecnologico del prossimo futuro. Presidi fisici stardardizzati sullo stile del brand, punti vendita plurisensoriali monomarca (o con pochi marchi selezionati) dove l’esperienza sarà rituale, non impregnata esclusivamente sull’utilizzo (prova), dove il rapporto tra relazione e passione diventerà sempre più importante. Gli Store del futuro metteranno la tecnologia al servizio della responsabilità sociale e del cliente, sempre più utente e co-creatore di valore assieme al brand e alle sue estensioni, i venditori iperspecializzati in carne e ossa.
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