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KPI e E-commerce devono andare a braccetto. In uno scenario altamente competitivo, con margini ridottissimi, osservare da vicino i comportamenti degli utenti e da dove si originano i ricavi è un aspetto determinante per il futuro dell’azienda.
Capire da dove partire e intraprendere i giusti correttivi non può essere un problema, grazie alle numerose e affidabili risorse (anche gratuite) che si trovano online.
Ad esempio il report di Wolfgang Digital sui KPI per il 2020. Vediamo i punti salienti da considerare se stai vendendo online.
[📚 Leggi il nostro approfondimento: Come aprire un negozio online]Da dove provengono i ricavi per un e-commerce?
1. Se vuoi vendere, devi pensare “mobile”📱
Uno dei trend principali è dato dal fatto che per la prima volta nella breve storia della vendita online, la maggior parte dei ricavi (registrati durante la ricerca citata) proviene da mobile, rispetto alla versione desktop del negozio online.
Si sapeva benissimo della crescita del mobile commerce, ma il sorpasso non era ancora effettivamente avvenuto.
Google è complice, con il passaggio al Mobile First Index avvenuto nel 2018: Google richiede sempre più siti mobile efficienti, e dall’efficienza del mobile dipende anche il ranking di un sito sulle pagine dei risultati di ricerca.
Il first index ha imposto maggiori attenzioni per le versioni mobile da parte di manager e webmaster: i siti mobile diventano gradualmente più efficaci, ottimizzati, rapidi, con conseguente aumento della facilità per gli utenti di navigarli, in ottica informativa e di acquisto.
2. Cosa ti fa vendere di più? Non la SEO, non i Social 🛍
Parlando di iniziative di marketing a sostegno delle vendite, balza all’occhio un altro elemento chiave: il driver di vendite principale non è rappresentato dalle visite naturali da Google (SEO) o dal successo naturale sui Social Network, ma dalle campagne pubblicitarie pay per click su Google e affini. Un e-commerce deve anche promuovere la sua attività tramite la pubblicità (Google Ads in primis), per intercettare il pubblico che sta cercando un determinato servizio o prodotto.
Si tratta di uno strumento che definirei “pericoloso”, ma solo per chi si improvvisa. Il rischio, infatti, è quello di spendere più budget di quanto si guadagna realmente, anche se sarebbe sbagliato pure limitare tutta l’attività al KPI spesa/ricavi: esistono anche dei ritorni in fatto di brand awareness, oltre al lifetime value di un nuovo cliente, il quale può risultare redditizio non in primissima istanza, ma sul lungo periodo si.
3. L’acquirente ci pensa su (5 volte) 🤔
Naturalmente queste sono “numeri” puramente simbolici, poiché qualunque settore e sito web avrà delle sue statistiche reali, che possono differire anche notevolmente.
Ma questi numeri comunque ci parlano molto chiaramente:
Da questo punto di vista bisogna coltivare con pazienza e precisione tutti i punti di contatto possibili di un brand online con il pubblico: i Social Network, il ranking naturale su Google (SEO), le campagne Pay Per Click, le schede Google My Business, PR, newsletter, perfino la comunicazione offline o retail. Tutto concorre a portare un utente sull’e-commerce non 2, bensì 5 o più volte…
Nell’allegato qualche esempio di quanto un utente vada convinto con pazienza infinita, lungo periodi di tempo che durano anche diversi mesi.
4. La forza del brand 💪
Un sempre maggiore numero di visite, inoltre, determinerebbe delle “efficienze di scala”. Ciò significa che più aumentano i visitatori del sito e più cresce il tasso di conversione per ciascun utente. Sembra strano: con sempre più visitatori, è legittimo attendersi anche un aumento dei “perditempo” che guardano e passano oltre (varrebbe anche per i negozi fisici, se ci si pensa).
Però c’è anche un “effetto-brand” che concorre: un marchio forte porta con sé elementi di fiducia innata nei potenziali clienti, che accorrono numerosi (con traffico diretto, magari). Il brand non si discute, quindi anche le barriere cognitive del potenziale utente sono più basse: è già maggiormente predisposto a fidarsi e ad acquistare, senza valutare molto le alternative offerte dalla concorrenza.
5. L’eccezione: i top performers sono fortissimi sui Social Network 🤓
In parziale controtendenza con il punto 2: i siti e-commerce migliori, in realtà, registrano numeri importanti lato engagement sui Social Media.
I Social come referral di visite e quindi di vendite sono un dato che sorprende, a maggior ragione se si riscontra in Google Analytics, da sempre restio a dare giusta dignità ai Social Network come finalizzatori o iniziatori di vendite. NB: le conversioni “cross-device” vengono facilmente perse su Google Analytics (esempio: utente che visita la pagina fan del brand da App Facebook e poi si dirige sul sito e-commerce da browser di navigazione).
Eppure sembra che la vera grande differenza tra gli e-commerce Top e gli inseguitori stia nella strategia Social Media che hanno i primi, a differenza dei secondi.
Anche questo non dovrebbe stupire: come detto, chi è in grado di raccontare e raccontarsi, di intrattenere e di ri-attirare a sé (quindi verso il sito) gli utenti tramite i Social in questo specifico caso, tenderà a registrare un maggiore numero di visite (magari di ritorno), associate a una fiducia – un trust come lo definisce Google – maggiore. Che renderà l’utente più sereno e deciso in fase di acquisto.
5.1 A proposito di Social: quale converte di più?
Chi dice che è “Facebook è morto”, commette uno scivolone notevole. Al di là dell’enorme penetrazione di Facebook nel mondo (tipo 1 persona su 2 ha un account – leggi questo articolo aggiornato su quali social network scegliere per un brand), anche in questa ricerca emerge la capacità di Facebook – e soprattutto di Facebook Ads – nel convertire gli utenti in acquirenti.
Non aggiungo oltre: chiudo con questi due grafici piuttosto eloquenti.
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